Che il figlio adottivo di Vendola e del suo compagno possa essere educato e felice più e meglio di tanti bimbi nati da un matrimonio tradizionale, sono abbastanza certo, anche se conterà ovviamente l’ambiente sociale nel quale cresceranno. Non sempre condivido le considerazioni di Massimo, ma questa di oggi la sottoscrivo in pieno (nandocan)
***da Massimo Marnetto, 29 febbraio 2016 – Vendola diventa padre “putativo” del figlio del compagno e deflagra nuovamente la questione della maternità surrogata.
C’è un problema – etico – del ruolo della donna che porta in grembo un bimbo e poi lo dà a chi lo ha programmato. Difficile prendere una posizione netta, favorevole o contraria, a questa soluzione, perché le sfumature variano troppo da caso a caso. Nulla da dire – per esempio – se la maternità surrogata è un dono di una parente o amica a una donna sterile. Mentre la retribuzione di una sconosciuta complica decisamente il quadro. Con una casistica che va da un compenso legale di donne consapevoli, discutibile, ma trasparente; allo sfruttamento di donne povere nelle aree più sottosviluppate del mondo, del tutto inaccettabile.
Una cosa è certa: non è con un divieto-rimozione, come accade spesso in Italia, che si risolve una questione così delicata. Perché rendere reato una pratica possibile e ricercata, significa solo alzare una barriera di censo, che i ricchi superano con un viaggio nei paesi dove è legale (com’è successo con la pessima legge 40 che ha creato un vero e proprio turismo della fecondità assistita o il divieto di fine vita volontario, che alimenta le cliniche svizzere).
Sarebbe comunque utile regolare la maternità surrogata anche in Italia. Ma ancora meglio sarebbe promuovere l’adozione – semplificando al massimo tempi e costi – soprattutto in ambito internazionale. Perché ci sono ancora orfanotrofi – a due ore di aereo – pieni di bambini abbandonati e sottratti da una burocrazia assurda all’affetto di nuovi genitori.















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