L’Italia è ancora al 65° posto nella classifica mondiale su 199 paesi, con un punteggio di 31 che ci pone tra i “parzialmente liberi” (peggio di noi in Europa: Ungheria, Bulgaria, Croazia, Serbia, Romania e Grecia) (nandocan).
***di Gianni Rossi, 1 maggio 2015 – Nel mondo della comunicazione globale, dei social network, degli scambi finanziari senza sosta e alla velocità della luce, la libertà di stampa sta morendo. Neppure le moderne tecnologie, come i tablet e gli smartphone, riescono a fermare governi che avanzano a forza di leggi liberticide, censure, tecniche di controllo intrusive e capillari, fino ai mezzi più tradizionali e violenti, come gli arresti indiscriminati, le torture, le uccisioni. A lanciare l’ennesimo grido d’allarme è l’istituto americano indipendente Freedom House, che da decenni monitorizza il livello di libertà di espressione e d’informazione nel mondo.
Il 2014 non è andato molto peggio dell’anno precedente, ma analizzando il decennio, allora lo sgomento è forte: dal 2004 ad oggi, infatti, sono diminuiti dal 39 al 32% i paesi con la dicitura “liberi”, quelli cosiddetti “parzialmente liberi” sono aumentati dal 26 al 36%, mentre quelli “non liberi” sono passati dal 35 al 32%.
“Le condizioni per i media si sono fortemente deteriorate nel 2014, raggiungendo il loro punto più basso in questi ultimi 10 anni. I giornalisti di tutto il mondo hanno incontrato più restrizioni da parte dei governi, dei militanti integralisti, dei criminali e dei proprietari dei media”: questo in sintesi il duro commento di Fredom House.
Secondo Jennifer Dunham, project manager della relazione: “I governi hanno usato le leggi per la sicurezza o l’antiterrorismo come pretesto per mettere a tacere le voci critiche, i gruppi integralisti e le bande criminali si sono serviti sempre più di tecniche armate per intimidire i giornalisti, e i proprietari dei media hanno tentato di manipolare il contenuto delle notizie per servire i loro interessi politici o commerciali”.
La relazione ha rilevato che “i principali fattori che determinano il declino è l’uso di leggi restrittive nei confronti dei media, spesso per motivi di sicurezza nazionale. In un tempo in cui l’accesso sembra apparentemente illimitato alle informazioni e si affermano nuovi metodi di distribuzione dei contenuti, sempre più aree del mondo stanno diventando praticamente inaccessibili ai giornalisti”.
Ecco alcuni punti-chiave tratti dal Report (consultabile integrale in allegato PDF):
- Tra i 199 paesi e territori valutati nel corso del 2014, un totale di 63 (32%) sono stati classificati “liberi”, 71 (36%) “parzialmente liberi”, e 65 (32%) “non liberi”.
• Solo uno su sette (il 14%) degli abitanti del mondo vive in paesi con una stampa libera.
• Tutte le regioni, ad eccezione dell’Africa sub-sahariana, il cui punteggio medio è leggermente migliorate, hanno mostrato cali. L’Eurasia ha subito il maggior calo.
• Diversi paesi con storie di legislazioni più democratiche hanno subito un grave deterioramento nel corso degli ultimi cinque anni. La Grecia è sceso di 21 punti su una scala di 100 punti dal 2010, a causa della grave crisi economica e delle pressioni politiche. In cinque anni si sono registrati peggioramenti anche in Thailandia (13 punti), Ecuador (12), Turchia (11), Hong Kong (9), Honduras (7), Ungheria (7) e la Serbia (7).
• 10 paesi e territori hanno ottenuto il peggior rating del mondo: Bielorussia, Crimea, Cuba, Guinea equatoriale, Eritrea, Iran, Corea del Nord, Siria, Turkmenistan e Uzbekistan.















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