***SCUOLA DI PARTITO, di Corradino Mineo, 10 luglio 2015 – “La riforma della scuola è legge”, la Stampa. “Ma la scuola spacca il Pd”, Repubblica. Alla Camera (non c’era la fiducia sul voto finale) hanno votato contro 4 deputati del gruppo Pd, tra cui D’Attorre, e 24 non hanno partecipato al voto, e tra questi Cuperlo, Bindi, Bersani. “Fossi in loro non sarei contento – sussurra Renzi al retroscenista De Marchis – partivano da 40 e sono rimasti 24”. Gli risponde Stefano Folli: “Al Senato i dissidenti pesano di più e Renzi, per neutralizzare la minoranza, deve dividerla. Finora il gioco non gli è riuscito”. Oddio, non gli è riuscito! Al Senato siamo rimasti solo in 3, Ruta, Tocci e io, a non votare la fiducia bocciando la legge. E dalla battaglia sulla riforma costituzionale – il famoso documento dei 25 – qualcuno tra i dissidenti (finora senza nome) ha espunto personalità scomode, il sottoscritto, forse Casson. Tutto è relativo: sì, è vero, il premier non si è liberato della fronda interna, ma ne ha saputo ridurre l’operatività politica.
Scuola di partito. Il manifesto azzecca il titolo perché questa sciagurata riforma è la metafora dell’involuzione del Pd. È stata scritta da parlamentari ex insegnanti o comunque esperti di scuola. Gente del “vecchio” Pd, che per anni si era persa dietro formule vuote e termini gergali, che si occupava del come e non del cosa o del perché (vizio comune, purtroppo, anche a una parte degli insegnanti contestatori), gente che si è lasciata convincere – era pronta a farsi convincere- che bastasse una torsione autoritaria e privatistica (governo delle assunzioni, disciplina per gli insegnanti, gestione aziendalista dell’istituto, rapporti con enti locali e aziende) per sistemare il problema. La consultazione è stata una farsa né è stata tenuta in alcun conto. Ora Giannini, Faraone, Coscia, Puglisi e il loro mentore di Palazzo Chigi, contano che gli insegnanti si dividano. Che i più primitivi indulgano nell’urlo estremista. Che altri, sfiduciati e spaventati, si vendano (al preside?) per un pugno di mosche. O che finiscano con il gradire i regali che il governo elargirà, a parziale correzione delle norme imposte per legge. Diceva Tocci tempo fa: Pd non ancora. Direi: Pd: mai più. Al suo posto, il Partito di Renzi che svuota la Costituzione, sfruttando la polemica contro la casta dei senatori, e fa pagare agli insegnanti la crisi della scuola e i pregiudizi sui loro presunti privilegi.
Le borse credono nell’accordo. Tsipras mette sul piatto 12 miliardi di tagli. FMI e Casa Bianca aprono alla ristrutturazione del debito greco. Il ministro di Hollande, Macron -che ha dato il nome a una sorta di jobs act francese- dice al Pais e a Repubblica che se l’Europa non cambia subito “la zona euro smetterà di esistere in 10 anni”. Però, attenti: dopo Sarajevo, 101 anni fa, nessuno voleva la guerra, ma guerra fu. L’opinione tedesca, quasi senza eccezioni, è convinta che la colpa sia degli altri, della Grecia, dell’Italia carica di debiti, e che la Germania da sola se la caverebbe. Balle! Ma domenica Merkel potrebbe non avere il coraggio che ebbe Kohl e rimanere prigioniera delle bugie che lei e l’Spd hanno raccontato ai tedeschi. “Il veleno dei luoghi comuni”, lo chiama Adriana Cerquetelli sul Sole24Ore. Etienne Balibar, sul manifesto, invita noi cittadini europei a mobilitarci contro i governi che (ci) preparano la fine dell’Europa e una regressione di 70 anni
Il Papa e la falce e martello. Che scandalo! Il giornalista del Giornale e spia del Sisde, Renato Farina, si chiede come abbia potuto Francesco accettare sorridendo “un simbolo di morte e orrore”. Che idiota! Perché nel mondo e nella storia, per quanti crimini abbiano commesso portando quel simbolo Stalin o Pol Pot, il dono di Morales rievoca secoli di lotta per la dignità del lavoro e per la sua liberazione. No comment: “Guerra a Letta e i ricatti alla famiglia di Napolitano” Consiglio di leggere il Fatto Quotidiano e le intercettazioni che pubblica.















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