Anch’io ho rivisto “Amistad” e la scena di cui scrive Filotico. E il confronto viene spontaneo. Credo che dall’epoca narrata nel film qualche passo avanti sia stato fatto nella sensibilità e nella cultura degli esseri umani. Resta purtroppo l’inciviltà di un sistema che ci costringe ancora tutti al servaggio del capitale, è da questo che ci dovremo liberare (nandocan).
***da Piero Filotico, 25 agosto 2014 – Ieri sera ho rivisto – per la quinta o sesta volta – Amistad di Spielberg. Un film sulla schiavitù e su come si possa, combattendo in tutti i modi, riconquistare la libertà. Quando è giunta la scena in cui i negrieri, accortisi che non hanno provviste sufficienti per tutti, gettano a mare un gruppo di schiavi incatenati, la mia mente è andata ai poveri morti dell’ennesimo naufragio sulle coste siciliane.
Mi è così improvvisamente apparso un parallelo tra gli schiavi di ieri e quelli di oggi: qual’è la differenza, mi sono chiesto, tra i poveri migranti che vediamo sbarcare nei nostri porti, resi schiavi dalla paura e dal bisogno, e quelli del film? Quale la differenza tra chi specula lucrando sul loro trasporto, stipandoli all’inverosimile su bagnarole pericolanti e rischiosi gommoni, e i mercanti di carne umana che armavano i predoni e poi rivendevano ai ricchi proprietari delle piantagioni uomini liberi resi schiavi dalla sete del profitto?
Non ho trovato una risposta razionale e forse non c’è. Ma una conclusione posso azzardarla anche se scontata. Esistono nell’animo umano inestirpabili radici di malvagità che emergono talvolta di fronte all’avidità, talaltra per motivi apparentemente più nobili, come la religione. Homo homini lupus, dicevano i romani. Avevano ragione?















Commenti recenti