Pierluigi Bersani, intervistato ieri a tarda sera da Floris in “di Martedì”, ha dichiarato che voterà contro la riforma del Senato se l’articolo 2 non verrà modificato come chiede la minoranza PD. Ha tuttavia ribadito l’intenzione di non voler lasciare il partito. Anche dopo un’eventuale approvazione in aula con il soccorso di una parte del centrodestra? E che faranno lui e gli altri parlamentari della sinistra quando si aprirà la campagna per il referendum confermativo? Si mobiliteranno per il NO contro la segreteria, la direzione e la maggioranza del PD? O si terranno da parte facendo finta di nulla? Quello di Renzi è davvero un bluff come sostiene Mineo oppure una scommessa sulla scarsa determinazione dei dissidenti di fronte alla prospettiva di una spaccatura così clamorosa? (nandocan)
***di Corradino Mineo, 16 settembre 2015 – Prova di forza sul Senato, scrive il Corriere. Marcello Sorgi osserva, per la Stampa, che la minoranza del Pd non aveva “altra strada” che abbandonare il tavolo della trattativa “dopo la decisione di Renzi di chiudere definitivamente a ogni ipotesi di modifica dell’articolo 2” (quello che stabilisce chi saranno i futuri senatori); poi aggiunge “questo voto può portare alla crisi di governo”. “Non si sono mai viste una crisi politica e una crisi istituzionale messe insieme” dice Verderami. La decisione del governo di saltare l’esame in commissione (dove le opposizioni avrebbero la maggioranza), convocare (per oggi) i capi gruppo e portare la riforma subito in aula “ha irritato (dice il Corriere) “infastidito” (Repubblica) il presidente del Senato. Per l’evidente interferenza con i suoi poteri che fa dire a Elle Kappa “la riforma del senato comincia dalla lotta al Grasso superfluo”. Stefano Folli paragona l’azzardo di Renzi, il suo voler imporre “le riforme all’ultimo respiro”, a “un film di Hollywood”. Poi spiega con garbo che la pistola del premier è scarica. La “minaccia (di elezioni anticipate) non è molto credibile”. Primo perché la decisione spetta a Mattarella, secondo perché “quel tanto di ripresa economica che il premier enfatizza rischierebbe di dissolversi”, terzo perché “votare con l’attuale modello proporzionale significherebbe tornare alla prima Repubblica. L’opposto esatto della logica renziana”. Il bluff è scoperto ma il giocatore conta sulla paura che legge negli occhi di chi sta al tavolo.
Manovra, un piano anti austerity, Repubblica. Il giorno dopo l’ennesima manifestazione degli esodati, l’ennesima marcia indietro del governo e l’inedito proporsi di Salvini come difensore del popolo, Palazzo Chigi molla a Repubblica indiscrezioni sul tesoretto. “10 miliardi tra sconti EU e crescita” per tagliare le tasse (“2mila euro in meno per chi ha un attico in centro”, dice Speranza alla Stampa) ed eventualmente per finanziare un certo numero di pensionamenti anticipati. Ah già, la ripresa! Matteo Renzi lo ha detto ai senatori Pd “il racconto che noi ne facciamo serve a creare fiducia e dunque a favorirla”. Bene, ma i fatti hanno la testa dura, diceva qualcuno. Ecco che Dario Di Vico osserva come sì, ci sia un po’ di speranza in più di poter trovare un lavoro, diminuiscono “gli scoraggiati”, aumenta il numero di chi prova qualcosa; ma per ora senza risultati evidenti. Federico Fubini osserva che il QE di Draghi “ha funzionato come antidolorifico (della crisi) e poi ha avuto una effetto “tranquillante”: “l’Italia adesso è più stabile e le famiglie spendono un po’ di più, ma la BCE “potrà solo dare copertura al convalescente, che a ricostruirsi i muscoli dovrà pensare da sé”. Come? Qui lo storytelling non aiuta.
Due donne decideranno per noi. Angela Merkel e Janet Yellen, ne scrive Mario Deaglio per la Stampa. Janet è a capo della Federal reserve: l’economia americana va un po’ meglio, quella cinese, e di conseguenza quelle dei paesi emergenti, rallentano, sarebbe dunque venuto il momento di mettere un po’ a dieta la bolla speculativa globale che le banche centrali hanno gonfiato (come “antidolorifico e tranquillante”). Ma se la FED alza i tassi, come la prenderà il Dio Mercato? Sii prudente, prendi tempo, dimostrati flessibile: è il consiglio. Angela deve invece scongiurare il fallimento dell’Europa, alle prese con l’immigrazione, e ridurre (o punire) la ribellione aperta del fascista Orban. Persino un analista attento e moderato come Lucio Caracciolo oggi scrive che a Orban e compagni l’Europa dovrebbe dire una cosa semplice: la porta è là, uscite pure. Ma Merkel media, prende tempo, è prudente. E noi balliamo la danza della pioggia, sperando che il Dio Mercato ci conceda qualche margine, e che razzisti e fascisti non sfidino apertamente le nostre coscienze democratiche.















Commenti recenti