da Massimo Marnetto, 7 dicembre 2013 – “Una notte, a Londra, vidi una donna alzarsi da un giaciglio in fondo a una strada secondaria. Mi fermai a guardare quell’ombra e mi avvicinai per capire. Lei si spaventò, ma poi con pazienza iniziammo a parlare. Tornai, la fotografai. E da allora, cerco tutte le persone senza dimora per fotografarle e toglierle dall’ombra della nostra indifferenza”.
E’ Lee Jeffriers a presentare “Homeless”, la mostra fotografica del Museo di Roma in Trastevere, che raccoglie poche decine di scatti in bianco e nero di “senza dimora”.
Sono facce tagliate dal freddo o arse dal sole, con troppi capelli e pochi denti. Foto senza etichetta, nome e luogo. Volti pieni di lentezza, di rassegnazione, ma tutti con la grazia che esce da occhi sorpresi per quell’attimo di attenzione che gli dedica lo scatto.
Jeffries non cerca la posa, ma l’umanità.
Ci sono foto nitide, altre mosse; volti che si porgono ed altri che si negano, nascosti dietro un canneto di dita.
Ma tutti ci costringono a guardare in loro la nostra precarietà. Di scampati a malattie, tracolli economici, abbandoni e qualsiasi altro infortunio della vita, che avrebbe potuto farci precipitare nell’ombra, tra i cartoni e le fontane.















Commenti recenti